Chiamata di Marzo 2014

    Prossimo grande appuntamento Domenica 23 Febbraio 2014 a Recoaro Terme, dove ogni 2 anni, un’antica tradizione che si rinnova in una spettacolare sfilata…

    A Recoaro Terme, nella provincia di Vicenza, si ripropone nell’ultima domenica di Febbraio (solo negli anni pari) la Chiamata di Marzo: una grande, originale e festosa manifestazione che vede sfilare per le vie della cittadina termale centinaia e centinaia di figuranti in costume, che in gruppi, a piedi o sui carri allestiti con ogni genere di scenografie, mettono in mostra una straordinaria serie di oggetti, attrezzi e testimonianze della civiltà e della tradizione “cimbra”.  Non potevamo dunque mancare ad un evento così importante e così profondamente legato al nostro territorio..Ci troverete infatti presenti nella nostra “Taverna Cimbra” di Recoardo al Caffè Firenze con Giacomo e Mattia!!

    Le storie, i mestieri, i prodotti ed il folclore del passato recoarese rivivono in una fantasmagorica girandola di scorci e di dettagli recuperati dai secoli. Un gioioso momento di riscoperta del passato, unico nel suo genere per originalità e suggestione.

    E’ la circostanza più rinomata, dopo le acque minerali e il termalismo, che identifica la Conca Recoarese, detta di Smeraldo, anche per il suo fortissimo legame con la tradizione custodita e mantenuta viva da ciascuna delle oltre cento contrade che circondano Recoaro Terme. La consuetudine riserva a questa manifestazione l’ultima domenica di febbraio, com’è sempre avvenuto, anche in tempi che si perdono nel passato.

    LE ORIGINI DELLA CHIAMATA DI MARZO

    La Chiamata di Marzo è una delle più antiche e caratteristiche manifestazioni della tradizione e del folclore di Recoaro Terme, la cui origine si perde nella notte dei tempi. Da varie attestazioni si sa che la festa era ancora celebrata con grande entusiasmo e partecipazione nel secolo scorso e fino agli anni ’20 di questo secolo, per poi via via declinare a partire dal periodo fra le due guerre mondiali.

    A partire dal 1979 l’Amministrazione Comunale ed un apposito Comitato, coadiuvati dall’Azienda Autonoma di Cura e Soggiorno, dalla Cooperativa Culturale e dalla Biblioteca Comunale, promossero il rilancio della manifestazione allo scopo di far conoscere e rivivere la sua natura folcloristica ed il suo significato storico-culturale, organizzando la partecipazione di gruppi in costume e carri allegorici allestiti nel rispetto dell’antica tradizione locale. Una trentina di carri e gruppi, centinaia di persone in sfilata in una cornice di pubblico numerosissimo e festante: questo lo straordinario successo della prima edizione rievocativa.

    La manifestazione si è poi ripetuta con ancora maggiore risonanza e ulteriori adesioni (oltre 50 carri e più di 900 persone in sfilata) a scadenza biennale negli anni successivi. La Chiamata di Marzo insomma è tornata a vivere nell’antico e colorito sfondo di festa che tanti anni fa la caratterizzava.

    La festa cadeva nell’ultima domenica di febbraio. Allora essa era la manifestazione spontanea della gioia che invadeva gli animi della gente di montagna, costretta a restare chiusa nella case e nelle stalle per quattro o cinque mesi, quando il primo tepore primaverile scioglieva il ghiaccio che d’inverno interrompeva i rapporti e le normali comunicazioni sia fra le contrade che con il centro del paese. Verso l’imbrunire, dopo essersi radunati a frotte nelle loro contrade, centinaia di pastori, mandriani, contadini, e le loro famiglie scendevano in paese, abbigliati con fogge e costumi stravaganti, in corteo compatto tra un frastuono indiavolato.

    Ornamenti fatti di rami e fronde, abiti vecchi dai colori vari e vivaci, stelle alpine sul cappello alla montanara costituivano l’abbigliamento maschile, mentre le contadinelle e le montanare indossavano gli abiti migliori, adorne di trine, merletti e dei primi fiori. E in mezzo al grande, allegro corteo non potevano mancare gli animali: somarelli riccamente adornati e infiorati, buoi, capre e perfino conigli e galline, che insieme agli uomini avevano condiviso i lunghi giorni dell’isolamento invernale. Tutti si ritrovavano nella piazza con i propri attrezzi di lavoro, i propri armenti e con ogni possibile arnese trasportabile.

    Alla testa della folla sfilavano per primi i cacciatori, armati di vecchi archibugi con i quali più tardi, mentre si intrecciavano le danze, salutavano a salve l’arrivo di marzo. Il corno, il “rècubele” e le “snatare” completavano il gaio frastuono, mentre i bambini agitavano campanelli (le “ciochète”) e le campane suonavano a festa. I gruppi intonavano le “cante” e qualcuno si esibiva in giochi di abilità e acrobazia. Dopo il tramonto veniva acceso il falò sul quale bruciava “l’inverno”, rappresentato da una sagoma di paglia.

    Le probabili origini della festa sono assai remote. Fin dagli antichi Greci sappiamo che si celebrava con feste e con canti la nascita di Venere, che cadeva appunto nel mese di marzo: come dire il sorgere dell’amore, il risveglio dell’uomo e della natura dalle cupe ombre in cui li aveva avvolti l’inverno. Per i Romani le Calendie Marzie segnavano addirittura l’inizio dell’anno e appunto in marzo erano tenute le grandi assemblee generali.

    Il fatto che questa tradizione sia passata di generazione in generazione, di popolo in popolo, riuscendo in qualche modo a sopravvivere fino ai nostri giorni, è testimonianza di quanto radicata, spontanea ed intimamente sentita sia l’usanza di “Chiamare Marzo” nella storia della gente recoarese, anche in tempi in cui tutto o quasi tutto ciò che ci circonda tende a cancellare ogni traccia della nostra identità passata.