Birra Artigianale USA

    Una definizione di “Birra Artigianale” da oltre oceano che aiuta anche noi a riflettere sul tema. Buona lettura!

    STATI UNITI: CAMBIA LA DEFINIZIONE DI BIRRIFICIO ARTIGIANALE.

    Mentre in Italia la discussione è ancora aperta negli USA la “craft beer” è regolamentata dal 2007 da una serie di criteri definiti dalla Brewers Association. Proprio in questi giorni tale definizione ha subito alcune interessanti modifiche, richieste per adattarla alle evoluzioni di un fenomeno in straordinaria crescita. Analizzare tali modifiche significa capire che strada sta prendendo la birra artigianale americana e, probabilmente, anche quella delle nazioni emergenti nel settore, Italia compresa. La definizione americana di craft brewer implica che siano rispettate tre semplici regole, che garantiscono che il birrificio sia piccolo, indipendente e tradizionale. Recentemente la Brewers Association ha modificato leggermente ognuno dei tre punti, effettuando una revisione alla definizione senza precedenti. In passato, infatti, al massimo era stato rivisto al rialzo il limite produttivo annuo, mentre in questa occasione molti passaggi sono stati riscritti. Secondo la nuova definizione un birrificio americano “craft” deve essere: piccolo, ossia la produzione annuale non deve eccedere i 6 milioni di barili, circa il 3% di tutta la birra venduta negli USA; il limite massimo produttivo è rimasto invariato, ma è stato contestualizzato rispetto al mercato complessivo della birra.

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    Indipendente, ossia un birrificio craft non può avere più del 25% delle sue quote di proprietà o sotto il controllo di una compagnia dell’industria del beverage, a meno che non sia essa stessa un birrificio craft; qui le modifiche sono state apportate semplicemente alla sintassi della precedente norma. Infine una craft brewery deve essere tradizionale, ovvero un birrificio la cui parte principale di produzione è costituita di birre i cui aromi derivano da ingredienti brassicoli tradizionali o innovativi e dalla loro fermentazione, le bevande di malto aromatizzate (FMBs) non sono considerate birre. Questa parte della definizione è stata profondamente modificata. La versione precedente, infatti, obbligava il birrificio ad avere in gamma o una birra di punta prodotta con 100% malto, oppure un 50% della produzione composta di birre 100% malto o che impiegassero surrogati del malto per enfatizzare gli aromi piuttosto che per alleggerirli; nonostante l’idea di base della precedente revisione fosse quella di escludere birrifici che facessero ricorso agli stessi escamotage dell’industria – cioè utilizzare surrogati del malto d’orzo, come mais o riso, per abbattere i costi di produzione – il risultato era una norma arzigogolata e cervellotica. E soprattutto con una conseguenza piuttosto pesante: escludere quei birrifici a conduzione familiare che rimanevano strettamente legati al loro passato, i produttori che continuavano a realizzare le loro birre come facevano in secoli passati, quando reperire il malto era più difficoltoso.

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